“Gli unici bulli che ci piacciono...
sono i VW bus Bulli”
VW Bus Bulli
Questo termine, derivante dalle iniziali delle parole tedesche
Bus e Lieferwagen
(furgone, autocarro per consegna merci) evocava un aggettivo
tedesco: bullig, vale a dire vigoroso,
muscoloso.
Le dimensioni ridotte e la capacità di mantenersi ben
controllabile anche sui percorsi più difficili, regalarono
al furgone Volkswagen un'aura di indistruttibilità: il
Bulli arrivava sempre a destinazione, magari con qualche minuto
di ritardo, ma ci arrivava, e con tutto il carico che trasportava.
E tutti vi fecero affidamento: il servizio postale, la polizia,
le ferrovie e fu creato addirittura un furgone dal telaio
appositamente modificato per viaggiare su rotaia.
E poi le ambulanze, gli automezzi dei vigili del fuoco...
Tutti ricorsero al Bulli, in molti casi sfruttandolo al limite
delle sue possibilità e anche oltre il limite, caricandolo
all'inverosimile, facendone fumare la frizione, surriscaldare i
freni, il motore e così via.
Il Bulli sopportò tutto, diventando il "veicolo che tutto
può", senza concorrenti.
La versatilità del Bulli si rivelò tale da dare
addirittura origine a una nuova area del mondo automobilistico,
quella degli allestitori di interni.
All'inizio furono realizzate strutture improvvisate, come ad
esempio lo scaffale di legno a tre o quattro ripiani per i
pasticceri. Con il passare del tempo, però, queste
strutture divennero sempre più professionali e mirate.
Del Bulli sono esistite le variazioni più fantasiose,
dal frigorifero su ruote al banco di vendita ambulante.
I furgoni Volkswagen portavano nel dopoguerra le merci più
disparate nei luoghi più impensati, in certi casi
veicolando indirettamente le storielle locali ad un ritmo
persino più rapido del tam-tam delle parrucchiere.
Il Bulli univa le persone e le manteneva in contatto in un'epoca
in cui i telefoni erano ancora rari. In certi casi il furgone
fu utilizzato anche sottoterra, nei luoghi dove, nel dopoguerra,
si estraeva il sale.
Là il Bulli si rivelò un tuttofare insostituibile:
venne impiegato per il trasporto delle persone e delle merci,
il traino dei carrelli, il trasporto dei cibi destinati alle
mense dei lavoratori e così via.
In superficie, alla luce del sole, il furgone Volkswagen
rappresentò una realtà per trasportare anche
sogni, ovunque, pure là dove il cinema non era ancora
arrivato, portando l'eco dei film che spopolavano nella
Germania postbellica.
Il Bulli dunque non fu solo il motore dell'economia, ma anche
il Transporter che diffuse la buona novella di tempi migliori:
tutto ebbe inizio nel 1947, con un prototipo un po' particolare...
Come è nato il furgone Volkswagen
Possiamo dire che tutto รจ bene quel che inizia con Ben Pon.
È a lui che venne idea di fare un modello commercializzabile
del "Plattenwagen", il primo autocarro
semplice e senza particolari fronzoli utilizzato internamente
dagli operatori dello stabilimento Volkswagen di Wolfsburg per
il trasporto dei carichi pesanti. Ben Pon trovò quel
veicolo, costruito utilizzando gli assali e il sistema di
trazione del Maggiolino, estremamente interessante.
Ben Pon, dopo anni di progetti e di disegni a mano, traccia il
profilo particolareggiato di un T1 con le sue tipiche
caratteristiche tecniche ben in evidenza:
cabina di guida avanzata, motore posteriore e, nel mezzo, il
pianale di carico. Quello schizzo convinse, pur se dopo molti
colloqui, i titolari della fabbrica, risollevandola dalle macerie
della guerra: e nel 1948, fu data via libera alla costruzione
del veicolo.
Il primo esemplare del "Tipo 29" fu realizzato e messo in strada
in meno di sei mesi.
Fu però poi ritirato e sviluppata una scocca autoportante.
Tale scocca si caratterizzava per una maggiore robustezza
rispetto a quella del Maggiolino, grazie a componenti del
telaio realizzati su misura per le esigenze del nuovo Transporter
in termini di sicurezza attiva.
Le varie versioni del furgone Volkswagen negli anni
Nella primavera del 1950, escono così dagli impianti di
produzione di Wolfsburg i primi Transporter pronti alla messa in
strada. Il motore, da 25 cavalli raffreddato ad aria, era
posizionato posteriormente. Il veicolo, agile, pratico,
polivalente e senza pretese eccessive, sfiorava i 100 chilometri
orari di velocità massima.
Ben presto si arricchì di alcuni dettagli "da automobile"
che lo resero più comodo ed anche esteticamente più
gradevole, diventando bicolore, con il telone avvolgibile e
abbellendosi poi di cromo e lustrini: quest'ultimo nuovo look
era proprio del bus "Samba", presentato nel 1951, che divenne
la star incontrastata della famiglia dei Transporter.
Da quel momento in poi, il Transporter fu chiamato internamente
"Tipo 2" e non più "Tipo 29".
Sul mercato, invece, fu introdotto come "furgone Volkswagen".
Con il nome Transporter, s'identifica così un gruppo
particolarmente eterogeneo di veicoli. Si può, tuttavia,
operare una distinzione fondamentale fra le prime tre serie,
T1 o Split, T2 o Bay e T25 (in Italia meglio noto come T3),
di derivazione Maggiolino, con trazione posteriore e motore a
sbalzo sul retrotreno e le generazioni successive (T4, T5 e T6)
con trazione anteriore e motore anteriore.
Con il passare degli anni e dei modelli la denominazione dei
pulmini è cambiata: fino agli anni settanta i modelli
VW venivano identificati con Typ1 (maggiolino), Typ2 (pulmino),
Typ3 (berlina, coupé, variant e Karmann Ghia tipo34);
dagli anni novanta, con le nuove denominazioni, si è
passati alla nomenclatura con il numero che evidenzia la serie,
diventando così T (transporter), dalla quarta versione
in poi.
La convenzione che evidenzia tutte le versioni, dall'inizio
della produzione ad oggi, si basa partendo dalla semplice T
(typ2 identifica il pulmino, la sola T la versione) per le
prime serie sulla tipologia del parabrezza Split T1 (diviso)
e Bay T2 (Panoramico), la terza serie viene identificata come
T25 (codice di produzione VW) e dalla quarta serie si passa
ad identificarli come Transporter 4 (T4) e Transporter 5 (T5).